I fulmini rappresentano sicuramente uno dei pericoli oggettivi più gravi cui può andare incontro l’escursionista, contro i quali, a volte, non si può far altro che incrociare le dita. Bisogna inoltre considerare, oltre alla causalità di questo fenomeno naturale, peraltro particolarmente frequente in montagna, che in prossimità del fulmine la temperatura può arrivare a 10.000 – 15.000 gradi.
Esistono tuttavia alcuni accorgimenti, suggeriti dal CAI – Servizio Valanghe Italiano, che permettono di ridurre in modo significativo il rischio, pur senza eliminarlo:
1. Evitare di ripararsi sotto alberi isolati, standone lontani almeno 200 – 300 metri;
2. Non tenere con sé, durante un temporale, oggetti metallici, specie se acuminati, come ad esempio la piccozza, i ramponi o i chiodi da roccia;
3. Mantenersi debitamente distanti (almeno 50 centimetri) da conduttori metallici, anche se il fulmine cadesse a centinaia di metri di distanza (tipico il caso delle Vie Ferrate);
4. Non ammassarsi in gruppo, perché la colonna di aria calda generata agisce da conduttore per il fulmine;
5. In caso di temporale ripararsi in una grotta o in un anfratto, evitando le creste;
6. Se non ci sono ripari sicuri dove proteggersi, è preferibile “prendere più acqua possibile”, perché i vestiti bagnati sono buoni conduttori rispetto al corpo umano e favoriscono la dissipazione dell’eventuale scarica elettrica;
7. Si sarà più sicuri dentro un’automobile, dentro un rifugio o un bivacco a rivestimento metallico.
Quanti fulmini cadono?
Rispondere a questa curiosità, almeno per la Lombardia, è possibile, grazie al periodico “censimento” svolto dall’ERSAL (Ente Regionale di Sviluppo Agricolo della Lombardia) e sintetizzato nella tabella sottostante.
Le zone più soggette ai temporali sono ovviamente quelle alpine, prealpine e pedemontane, come si può rilevare in particolare dal parametro “fulmini per chilometro quadrato”, che rappresenta di fatto una vera e propria classifica tra le varie provincie.
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