I responsabili delle piste da sci devono proteggere i punti in cui è ragionevole prevedere incidenti, ma non sono responsabili per infortuni che si verificano in modo del tutto anomalo e imprevedibile.
Ecco, in sostanza, le motivazioni con cui la Corte d'Appello di Trento ha assolto il giudice e il direttore di gara che erano finiti in tribunale per la morte di uno sciatore, avvenuta il 18 marzo del 1998 durante una competizione sulle piste dell'Alpe Cermis.
Una sentenza che, in pratica, conferma pienamente quanto da noi esposto e sostenuto in una recente scheda, relativa alla possibile e futura “certificazione di qualità delle piste” ai fini della sicurezza: Sicurezza: verso piste certificate?.
Ma ricostruiamo la vicenda nel dettaglio, sulla base di un ampio articolo apparso sul quotidiano Alto Adige.
Durante la sua discesa, lo sfortunato sciatore perse il controllo degli sci, si girò su sé stesso e discese la pista all'indietro per una sessantina di metri (su un solo sci) per poi uscire dal tracciato in un punto in cui non erano previste protezioni, schiantandosi contro un albero. La morte fu quasi istantanea. Successivamente, i parenti dello sciatore si costituirono parte civile chiedendo un risarcimento danni di un miliardo e 600 milioni, affermando che: Su quella pista non erano state realizzate protezioni adeguate. Bastava una rete per salvare la vita al nostro caro.
Secondo il giudice dell’udienza preliminare, invece, l’infortunio non poteva essere addebitato a una responsabilità dei gestori della pista. Una decisione poi confermata dalla Corte d’Appello, in quanto l’infortunio mortale era avvenuto in un punto ragionevolmente non ritenuto a rischio, e quindi legittimamente non protetto con reti o altro.
Gli imputati dovevano garantire la sicurezza dei concorrenti si legge nella sentenza. Così hanno ritenuto sufficiente collocare sul bordo della pista, in ben determinati tratti, reti di protezione integrate dall'applicazione al tronco di alcuni abeti, prossimi al margine della pista, di materassi idonei ad attutire eventuali urti.
Ora è ben vero che se le protezioni fossero state allestite su tutta la pista, l'incidente mortale con ogni probabilità non si sarebbe verificato. Ma questo non è sufficiente a dichiarare responsabili gli imputati. Le uscite di pista nelle gare di slalom, infatti, si concentrano in particolari punti e la pista in questione era adeguatamente protetta in base al criterio di prevedibilità degli incidenti.
Lo sciatore perse lo sci destro e - come contraccolpo - assunse una traiettoria che imprevedibilmente lo costrinse ad abbandonare il naturale percorso verso la porta successiva e quindi ad uscire di pista in un punto superiore a quello dove c'erano le reti.
In pratica, una caduta e una successiva uscita di pista con una dinamica e una conclusione “non ragionevolmente prevedibile”.