La raccomandazione ormai la conoscono tutti, o almeno si spera: “Se sciate in fuoripista, utilizzate sempre l’ARVA. In caso di valanga, potrebbe salvarvi la vita”.
Ma è veramente così? Quanto è realmente utile questo “Apparecchio ricetrasmittente di Ricerca in Valanga”?
Per rispondere a questa domanda, che tutti almeno una volta si saranno posti, ci viene in aiuto uno studio di autorevoli esperti europei della materia, che ha il grande pregio della chiarezza.
Una premessa Prima di esporre i dati si impone una premessa, ovvero esaminare la cosiddetta Curva di sopravvivenza dei sepolti da valanga in cui si evidenzia un fatto di basilare importanza: se il sepolto viene ritrovato entro 15 minuti, la probabilità di sopravvivenza supera il 90 per cento!
Oltre i 15 minuti tale probabilità si riduce in modo drammatico, con la cosiddetta "picchiata mortale della probabilità di sopravvivenza", fino al “punto di non ritorno”, verso i 40 minuti.
L’ARVA serve, ma solo nei primi 15 minuti Lo studio sull’efficacia dell’ARVA si basa su 328 casi di seppellimento totale negli anni 1981/94, censiti dall'Istituto Federale per la Ricerca sulla Neve e sulle Valanghe di Davos.
E’ stato così possibile appurare che “Il seppellimento per i sepolti con ARVA dura mediamente 35 minuti, mentre in caso di ricerca senza ARVA occorrono 120 minuti”.
Una differenza notevole, significativa, che tuttavia si riflette solo marginalmente sul tasso di mortalità, che scende dal 75,9 per cento (sepolti senza ARVA) al 66,2 per cento (sepolti con ARVA).
Perché questo contrasto così forte e, diciamo pure, demoralizzante? La risposta la troviamo, semplice quanto implacabile, nella già citata curva di sopravvivenza, e nel fatto che, superati i 15 minuti di seppellimento, le probabilità di sopravvivenza si riducono enormemente.
In pratica, in un modo forse brutale, possiamo affermare che, se i superstiti non riescono a trovare il compagno sepolto entro 15 - 20 minuti, al massimo 30, l’ARVA servirà solo a recuperare più velocemente il cadavere.
Imparare ad usare l’ARVA Il problema può dirsi quindi semplice: l’ARVA è un’arma potentissima per salvare vite umane, a patto che sia usata bene e subito dagli stessi compagni di discesa. Ma, purtroppo, troppi sciatori non sono in grado di utilizzare nel modo corretto, e con sufficiente velocità, questo strumento.
Secondo lo studio degli esperti europei, “Con molta semplicità si può affermare che l'efficacia dell'apparecchio dipende dal livello di addestramento di chi svolge la ricerca. Per questa ragione è importante che tutti coloro che possiedono l'ARVA facciano frequenti esercitazioni per prendere confidenza con lo strumento, e questo richiede un notevole sforzo organizzativo e di buona volontà”.
Quindi, più che disporre dell’ultimo modello in commercio, è preferibile sapere usare bene un modello anche vecchiotto.
Quali prospettive? Nell’invitare tutti coloro che affrontano la montagna invernale fuori dalle piste battute a “imparare” ad usare l’ARVA (si vedano le tre schede relative), la relazione tecnica delinea quello che potrebbe essere il futuro prossimo venturo dell’ARVA: “Un ulteriore miglioramento tecnico, con l'obiettivo di semplificarne il più possibile l'utilizzo così da accorciare in modo sostanziale il periodo di addestramento, tanto da rendere possibile la sua effettuazione al momento stesso della vendita”.
Tra le innovazioni tecniche auspicate, si segnala in particolare l'esatta indicazione della direzione di ricerca e della distanza dal punto di seppellimento, con la chiara segnalazione di quando cessare la ricerca e quindi iniziare lo scavo.