Secondo la periodica campagna di rilevazione promossa dal Comitato Glacialogico Italiano, prosegue il forte e generalizzato ritiro dei ghiacciai italiani.
Su 157 apparati glaciali esaminati – rispetto a un totale di circa 1.400 - ben 146 hanno mostrato un arretramento della fronte, 6 un avanzamento e 12 una situazione stazionaria.
I risultati nel dettaglio
Per i ghiacciai del Piemonte e della Valle d'Aosta, il primato negativo spetta al Ghiacciaio della Tribolazione (gruppo del Gran Paradiso), la cui fronte è arretrata in un solo anno di 61,5 metri. Segue il Ghiacciaio occidentale del Breuil (nel medesimo gruppo montuoso), con un ritiro di 52,5 metri, mentre altri tre ghiacciai della zona hanno fatto registrare arretramenti superiori a 30 metri.
Il famoso Ghiacciaio del Lys, nel gruppo del Monte Rosa, ha ormai raggiunto una arretramento mai toccato dopo il massimo avanzamento del 1812, mentre nel gruppo del Monte Bianco appare prevedibile il prossimo distacco dal corpo principale della parte inferiore del Ghiacciaio di Prè de Bar, in corrispondenza del gradino roccioso.
Per quanto riguarda le Alpi lombarde, il massimo ritiro rilevato è quello della Vedretta del Rosole, nel gruppo Ortles-Cevedale, con un eclatante – 135 metri in un solo anno, attribuibile tuttavia anche a una circostanza occasionale, cioè il distacco del segmento frontale.
In tutti gli altri casi, il ritiro appare comunque generalizzato e notevole, con i – 41 metri del Cedèc e i – 30,5 metri del Ghiacciaio di Predarossa, alla base del Monte Disgrazia.
Anche i modesti ghiacciai delle Tre Venezie appaiono quasi tutti in ritiro, tranne due soli casi in lieve progresso, imputabile peraltro a cause locali, e in nessun modo indicativo di una possibile inversione di tendenza.
Spostandoci sul versante trentino e altoatesino del gruppo Ortles-Cevedale, la situazione non cambia, con un ritiro consistente e generalizzato: le Vedrette della Forca e Lunga, in Val Martello, sono arretrate rispettivamente di 33 e 28 metri, mentre la Vedretta Rossa, in Val Pejo, ha fatto registrare – 70,5 metri in due anni.
Un accenno a parte merita il Ghiacciaio della Marmolada, che per estensione e dinamica può essere considerato il più “alpino” della zona. L'apparato glaciale risente in maniera molto pesante della persistente carenza di precipitazioni invernali, con notevoli valori di ritiro lineare e continue modificazioni del corpo glaciale.
A tale comportamento, tuttavia, non può essere considerato estraneo l'intenso sfruttamento turistico in atto, con le conseguenti alterazioni apportate dall'uomo al regime glaciale.
Conclusioni
Come avviene ormai da decenni, la generalizzata tendenza negativa si accompagna a imponenti modificazioni sia degli apparati glaciali che della morfologia delle aree prossime a questi.
In particolare vengono segnalati: un progressivo innalzamento del limite delle nevi perenni (la cosiddetta linea di equilibrio), con conseguente carenza di alimentazione nei bacini di raccolta; l'evidenziarsi di sempre nuovi affioramenti rocciosi, preludio allo smembramento e alla frammentazione delle primitive unità glaciali; il sempre maggiore accumularsi della morena di superficie, sino a rendere spesso impossibili i controlli; la neoformazione o l'ingrandimento di laghi in corrispondenza dei margini glaciali.
Importanti appaiono anche le conseguenze per l'idrologia, con un'alterazione del regime dei corsi d'acqua glaciali e una riduzione delle riserve idriche a scopi energetici.
Infine, non bisogna sottovalutare il possibile insorgere di situazioni di rischio connesse alle modificazioni dell'ambiente dell'alta montagna, con evidenti riflessi per le attività turistiche e alpinistiche.