L'uomo si sente pur padrone della Terra e delle sue acque ma quando sale sul dorso di un vulcano o vede una questa frenetica corsa e forza dell'acqua sente quello che è veramente: una piccola formica, un ospite. Con alcuni amici volevamo sentirci in questo modo e siamo andati “all'appuntamento” con la cascata più alta d'Italia (315 m), il 22 agosto.
Siamo arrivati il giorno prima e dopo aver pernottato a Valbondione, abbiamo cominciato prestissimoo la nostra lunga camminata sul sentiero nr. 305. Questa ci ha portato dopo una bella salita sul 1925 m, al Rifugio Curò. Abbiamo portato abbastanza acqua perché lungo il percorso non ce ne sono fontane.
Siamo arrivati appena in tempo per l'apertura della diga, che dal Lago del Barbellino faceva piombare ca. 5 m³ acqua/secondo sulle rocce nere. Il piccolo pubblico applaudiva che però si sentiva poco per il rumore della cascata. Attraverso le gocce frantumate si è formato l'arcobaleno e mi sembrava di essere in un mondo incantato, dove in qualsiasi momento potesse presentarsi davanti a me un essere magico.
Lo spettacolo purtroppo dura solo mezz'ora e ho visto poche cose così triste, come quando dopo la chiusura della diga la corsa dell'acqua veniva sempre meno. Alla fine sono rimaste solo le pareti di rocce umide, più nere di prima, come segno di lutto per l'arresto arbitro di questo flusso meraviglioso della Natura.